Poitiers by Federico Canaccini

autore:Federico Canaccini [Canaccini, Federico]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Pelago
pubblicato: 2024-01-11T23:00:00+00:00

Carlo Martello con un elmo alato (in realtà tipico dei Celti e non dei Franchi) alla battaglia di Potiers in un'incisione ottocentesca.

Nell’esercito di Carlo Martello, dovevano esserci pochi cavalieri stricto sensu, e probabilmente si trattava di qualche migliaio di Aquitani: il resto era una fanteria pesante che si spostava a cavallo sulle lunghe distanze ma che combatteva smontando da cavallo in una massa inarticolata, in cui si potevano distinguere plotoni provenienti da Stati o città, e in cui i principali signori terrieri, dai lunghi capelli, spiccavano con i loro seguiti di fedeli sottoposti.

I più benestanti, tra i soldati franchi, indossavano un hauberge, cioè una lunga cotta di maglia fatta di migliaia di piccoli anelli di metallo e si proteggevano con elmi e scudi convessi di forma pressoché rotonda: le armi predilette erano lunghe spade o lunghe lance. Tale armamento pesante avrebbe fatto nascere un’imprecazione beduina nei loro avversari arabi: «Che tu sia maledetto come i Franchi che indossano una corazza perché temono la morte».

I soldati meno abbienti, invece, erano sovente privi di hauberge o di elmo, e si proteggevano con il solo scudo, mentre affidavano il loro attacco a uno scramasax [arma da taglio con una sola lama] o a una lancia più leggera che poteva essere anche scagliata, come un giavellotto, dalla cavalleria. La legge imponeva una sorta di servizio di leva con un massimo di tre mesi all’anno, ma in molti preferivano evitare di partire, e – se potevano permetterselo – pagavano del denaro con cui venivano equipaggiati molti volontari che speravano di tornare a casa con del bottino. Invece, i proprietari terrieri, laici o ecclesiastici, dovevano naturalmente partire e portare con sé anche un certo numero di soldati, in proporzione al loro ruolo e alla loro ricchezza fondiaria.

I reparti aquitani si distinguevano da quelli del tardo regno merovingio per la presenza di contingenti militari inviati da singole città, preposti a mantenere l’ordine locale ma inquadrabili anche in eserciti generali con obbligo di combattere fino a 500 chilometri lontano da casa per un periodo massimo di tre mesi di leva. I membri di questi reparti facevano comunque parte di fasce ricche della società, in grado di provvedere al proprio armamento e vettovagliamento. Solo in caso di emergenza si coinvolgevano gli strati più poveri della società: non schiavi, uomini comunque liberi ma meno abbienti, riconoscibili per l’armamento ridotto praticamente all’essenziale.

L’arrivo dell’esercito franco

Abd al-Rahman, dopo aver saccheggiato e dato alle fiamme la basilica di Saint-Hilaire a Poitiers, guidò le proprie truppe ancora più a nord, con il probabile obiettivo di saccheggiare la chiesa di Saint-Martin, poco distante dalla città fortificata di Tours. L’esercito islamico, dunque, percorse l’antica strada romana basolata, che correva fra le fortificazioni della città di Poitiers e la gola del fiume Boivre: la spedizione stava dando i frutti sperati e i soldati arabo-berberi si trascinavano dietro un enorme bottino, risultato delle rapine messe a segno per tutto il territorio di Aquitania nei mesi precedenti. «L’immenso esercito», come scrisse l’ignoto cronista toletano, avanzava «calpestando le montagne come fossero pianure».

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